mercoledì 12 gennaio 2011

DESTINO



Capita di ritrovarsi nella città dove hai trascorso gli anni universitari, alla fine di un estenuante esame di stato in un freddo ma soleggiato pomeriggio milanese, a visitare la mostra del tuo pittore preferito: Salvador Dalì.
La mostra è allestita a Palazzo Reale fino a gennaio, ma visto che non credo di ricapitare a Milano per un po’, decido di sacrificare quel rarissimo cielo azzurro caldo e gli ultimi raggi di sole per rendere onore a Dalì. E poi a novembre, a Milano, quando c’è il sole avete altre idee su cosa fare?
Quaranta minuti di fila all’ingresso della mostra, di mercoledì pomeriggio, sembra tantissimo. Una volta entrata, capisco che allestire un’esposizione di Dalì a Palazzo Reale è puro sadismo. Innanzitutto perché le stanze sono minuscole per poter osservare da vicino e da lontano i quadri esposti. Chi conosce questo pittore sa che i suoi quadri sono pieni di illusioni ottiche e di figure nascoste che sono da una certa distanza possono essere percepite. Cosa assai difficile in quei pochi metri quadrati e con l’affollamento di gente presente. Se poi si riesce a fare capolino tra le teste degli altri visitatori (e io purtroppo sono diversamente – alta) c’è il riflesso della luce sul quadro che ti acceca. Arrivano le visite guidate e un’orda di ragazzini delle medie. Perfetto. Quello che ci vuole per trascorrere un tranquillo pomeriggio, già stordita da due giorni di esame di stato. Decido di far scorrere i visitatori e, nell’attesa, di rifugiarmi nei cubicoli bui dove sono proiettati alcuni video. Lì finalmente la densità di persone per metro quadro è ragionevole. In poco più di 6 metri quadri sono stati installati due schermi video – uno di fronte all’altro – dove sono proiettati filmati del maestro. Divertenti, interessanti. Peccato essere costretti ad ascoltarli all’unisono, ma tant’è.
Esco di soppiatto e sì, i marmocchi sono andati avanti. Incedo con fare mooolto lento e mi godo i quadri, divisi per sezioni. Sempre belli, sempre capaci di rapirti in un’altra dimensione, fino ad arrivare alla vera sorpresa della mostra: la proiezione dell’inedito video Destino, disegnato da Dalì per la Disney nel 1946. Struggente, romantico e geniale. In alcuni momenti ricorda un altro capolavoro disneyano: Fantasia. Certo, il pannello con lo schermo è sistemato nel mezzo di una saletta circolare dove ,sulle pareti, sono stati appesi i disegni originali del video. Perciò per poterli osservare bisogna strisciare intorno e diventare invisibili davanti alle persone che guardano il filmato.

Torno al paesello dove vivo ora e rapisco la lettura preferita per i miei momenti quotidiani di riflessione e concentrazione nel confessionale di casa. Apro il Topolino del nipotastro novenne e cosa trovo? Una storia ambientata nel 1946 che narra la collaborazione tra Disney e Dalì per il film destino che verrà pubblicato solo oltre mezzo secolo dopo. Avevo in mente di aprire questo blog, dopo tanto tempo, proprio con un articolo sulla mostra di Dalì e questo, penso, è proprio destino!